I Centri Antiviolenza sono luoghi in cui vengono accolte le donne che hanno subito violenza.

Grazie all’accoglienza telefonica, ai colloqui personali, all’ospitalità in case rifugio e ai numerosi altri servizi offerti, le donne sono coadiuvate nel loro percorso di uscita dalla violenza.

La violenza subita dalle donne non è solo domestica e fisica ma molto spesso anche sessuale.

Negli ultimi anni si è registrato un aumento di donne migranti che si rivolgono ai Centri Antiviolenza dopo aver vissuto l’esperienza della migrazione.

Negli ultimi anni sono stati condotti numerosi studi che hanno fatto luce sul diffuso livello di violenza subito da coloro che intraprendono il viaggio verso l’Europa, e in modo particolare da coloro che attraversano la Libia. La violenza di genere (GBV) caratterizza principalmente le esperienze di donne e minori migranti e rifugiate nelle sue diverse sfaccettature prima, durante e dopo il loro percorso migratorio.

Spesso la GBV costituisce uno dei fattori che determinano la decisione di lasciare il proprio Paese di origine, come nel caso di ragazze gravemente abusate dalle famiglie di origine o dai loro partner, delle minori sopravvissute a matrimoni precoci o fuggite da forme di maltrattamenti all’interno di questi o delle sopravvissute a mutilazioni genitali femminili. Sebbene donne e adolescenti siano esposte a gravi rischi durante le rotte migratorie di tutto il mondo, quella del Mediterraneo Centrale è particolarmente pericolosa.

La violenza sessuale e fisica a cui sono esposte durante tutto il viaggio, infatti, culmina in Libia: la stragrande maggioranza delle donne e delle adolescenti intervistate dalla Missione di Supporto delle Nazioni Unite in Libia ha riferito di essere stata violentata da trafficanti e di aver visto altre adolescenti e donne che sono state portate fuori dai centri collettivi per essere abusate.

I questi contesti, anche uomini e adolescenti maschi sono sottoposti ad alti livelli di violenza sessuale durante il loro viaggio verso l’Italia.

Le violenze vengono perpetrate all’interno dei centri di detenzione, delle prigioni clandestine, nei siti in cui si pratica lavoro forzato, ai posti di blocco ad opera di gruppi armati, da bande o altri attori, con finalità svariate: estorsione, oppressione, punizione e piacere, comportando spesso profonda crudeltà e torture psicologiche.

Le conseguenze della violenza permangono dal punto di vista psicologico, emotivo e fisico anche dopo l’arrivo in Italia. Allo stesso modo, molte persone continuano ad essere esposte al rischio di subire violenza, incluso lo sfruttamento sessuale e la violenza domestica.

Altre forme di violenza sono connesse, ad esempio, alle insicure condizioni all’interno dei centri di accoglienza e degli hotspot; come riportato dal Gruppo di esperti del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne (GREVIO), in alcuni centri “non ci sono serrature alle porte delle camere da letto e bagni separati, esponendo le donne al rischio di violenza”.

La GBV, nella quasi totalità dei casi, si accompagna al rischio di essere contagiati da infezioni a trasmissione sessuale.

Molti studi hanno identificato l’esperienza di GBV come un fattore di rischio indipendente per l’acquisizione delle infezioni a trasmissione sessuale. Questi risultati rendono indispensabili che le persone che hanno subito violenza effettuino lo screening per le infezioni a trasmissione sessuale e ricevano informazioni e riferimenti appropriati al riguardo seguendo un quadro di assistenza informato sul trauma subito. Anche alloggi instabili, disoccupazione, sesso transazionale e uso di droghe sono importanti fattori di rischio per le malattie sessualmente trasmissibili. Infine, i risultati di questi lavori hanno rilevato che per ridurre la vulnerabilità al GBV e alle sue conseguenze sulla salute sessuale bisogna intervenire utilizzando un approccio olistico che preveda anche di migliorare la stabilità socioeconomica delle donne.

Le infezioni a trasmissione sessuale oltre che determinare malattie croniche come la cirrosi epatica dovuta alle epatiti virali BeC, e l’AIDS secondario all’infezione da HIV, possono provocare cancro (Papilloma virus), demenza (Sifilide terziaria), aborti e sterilità.

Quanto descritto spiega la ragione per cui è importante che le operatrici dei Centri Antiviolenza siano formate non solo sulle modalità di accoglienza delle persone migranti e sull’importanza dei mediatori culturali ma anche sulla salute sessuale e riproduttiva.

Ecco perché nell’ambito del progetto “Pro-Access 2022. Improve access to sexual and reproductive health services for refugees and asylum seekers that are victims of GBV and M/FGM-Migliorare l’accesso ai servizi di salute sessuale e riproduttiva per rifugiati e richiedenti asilo vittime di GBV e M/FGM”, gestito da LHIVE Diritti e Prevenzione in partenariato con UNHCR-ITALIA, è stato deciso di organizzare un corso di formazione su queste tematiche specifico per le operatrici dei Centri Antiviolenza.

Il corso di formazione “Accoglienza e supporto alle donne migranti sopravvissute a violenza sessuale di genere” è stato organizzato con l’Associazione Thamaia di Catania e con il patrocinio di Mi-Health HIV Partenship. Il corso è rivolto agli operatori dei Centri Antiviolenza delle province di Catania, Siracusa, Messina e Ragusa e si terra l’11 luglio 2022 – Sede COBAS Catania – Via Vecchia Ognina n. 56, Catania dalle ore 15.00 – 20.00.

I Centri Antiviolenza

I Centri antiviolenza svolgono attività di consulenza psicologica, consulenza legale, gruppi di sostegno, formazione, promozione, sensibilizzazione e prevenzione, raccolta ed elaborazione dati, orientamento ed accompagnamento al lavoro, raccolta materiale bibliografico e documentario sui temi della violenza. Le Case rifugio, spesso ad indirizzo segreto, ospitano le donne ed i loro figli minorenni per un periodo di emergenza.

I Centri Antiviolenza condividono i seguenti principi: i) la centralità del punto di vista della donna vittima di violenza nella ricerca di soluzioni e risposte al suo problema; ii) il processo di empowerment (rafforzamento) delle donne al fine di riguadagnare potere e controllo sulle proprie vite; iii) il valore per le donne vittime di condividere la stessa esperienza con altre donne in situazioni simili; iv) l’impegno a rispondere ai bisogni dei figli e delle figlie delle donne che hanno subito violenza, e quindi a riconoscere anch’essi vittime della violenza maschile.

Referenze

https://www.direcontrolaviolenza.it/

https://www.datocms-assets.com/30196/1612447505-gbv-pocket-guide.pdf

https://www.thamaia.org/

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